Una vita per l'arte - SERGE BELLONI

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Una vita per l'arte

Sergio BelloniIn un triste mattino del dicembre 2005 nella chiesa dell’Ile Saint Louis, a Parigi, si svolgono le esequie del pittore Serge Belloni; la sua salma verrà poi tumulata tra i grandi nel cimitero del Père Lachaise. Si conclude così il cammino terreno di questo artista, che ha dedicato la sua esistenza, ricca di riconoscimenti e successi, interamente all’arte.

La storia della sua famiglia ha inizio negli anni venti dello scorso secolo quando i genitori lasciarono Piacenza per la Francia in cerca di lavoro. A Parigi trovarono alloggio in una stanza ammobiliata nel popolare Faubourg Saint Antoine, ed iniziarono il loro cammino di emigranti: Luigi trovò lavoro come tappezziere ed in breve riuscì a crearsi una buona clientela, Elvira iniziò il lavoro di parrucchiera. Ogni tanto ritornavano nella loro città natale, e il loro primo e unico figlio vollero che nascesse a Piacenza.

Sergio nacque a Piacenza il 25 febbraio 1925. Crescendo visse un po’ a Piacenza dai nonni ed un po’ a Parigi con i genitori. A Parigi frequentò le scuole dell’obbligo, e il padre avrebbe voluto iniziarlo al mestiere di tappezziere, ma il ragazzo rivelò ben presto un grande amore per l’arte ed un eccezionale talento artistico, uniti ad una determinazione ferrea nel voler imparare a dipingere. Mentre di giorno lavorava con il padre, la sera frequentava, senza mai chiedere nulla ai suoi, la scuola di belle arti, diplomandosi con successo. Gli eventi politici però stavano precipitando, e la seconda guerra mondiale sconvolse anche la vita della famiglia Belloni: Sergio fu richiamato in Italia per compiere il servizio militare. Trovò modo pur in quelle tragiche circostanze di esporre i suoi primi quadri nel 1944 in una galleria di Piacenza. Il quotidiano piacentino di allora “La scure”, elogiò ed incoraggiò questo giovane dilettante, che già nelle prime opere rivelava il suo talento.

Tornato a Parigi appena finita la guerra espose alla fine del 1945 alla Salle-Lefranc. La passione per la pittura lo coinvolse sempre più, creando in famiglia contrasti talora aspri con il padre, che lo vedeva iniziare una carriera quanto mai difficile ed incerta; avrebbe preferito che anche lui fosse tappezziere.
Proprio in quegli anni i genitori decisero di lasciare la Francia e di ritornare a stabilirsi a Piacenza, dove con i loro guadagni di emigranti si erano costruiti una casa; Luigi avrebbe continuato nella sua città il mestiere di tappezziere, ma Sergio non li seguì. Restò a Parigi dedicandosi interamente alla pittura.
I primi anni furono difficilissimi; spesso Sergio non aveva quasi di che sfamarsi; più volte racconterà che per settimane intere mangiava riso a pranzo e a cena. Ma la sua determinazione non venne mai meno. Negli anni bui dell’inizio della sua carriera, la madre raccontava che un giorno un’indovina le predisse che Sergio avrebbe avuto successo, e il suo nome sarebbe apparso scritto a grandi lettere nelle vie di Parigi. E fu veramente così: dieci anni più tardi in occasione di una sua mostra personale vennero affissi nelle vie della capitale manifesti con il suo nome scritto a caratteri cubitali.
Sergio raccontava che un giorno Picasso si presentò dal gallerista per cui lui allora lavorava. Gli furono mostrati dei suoi disegni e fu chiesto al grande artista un parere su quelle opere. Picasso ne osservò alcuni e chiese: “quanti ce ne sono?” “Quindici”, rispose il gallerista. “Li prendo tutti” disse Picasso.
Talora degli incontri fortuiti possono cambiare la vita di una persona: così è stato per Sergio. Il suo destino è stato segnato dall’incontro con Francis Carco, membro dell’Academie Goncourt, che più di trent’anni prima aveva contribuito al successo di Amedeo Modigliani. Così Sergio raccontava il suo primo incontro con Carco: “Una mattina, all’uscita dal metrò, fui “investito” da un grosso cane, che sembrava farmi festa. Il suo padrone mi si avvicinò per scusarsi, e mi disse che gli ricordavo un suo amico pittore, Modigliani. Quando gli raccontai che anch’io ero pittore mi invitò ad andare da lui a mostrargli i suoi disegni”. Nacque da allora tra i due una solida amicizia.Le parole che Carco gli indirizza sono toccanti: “tutto mi incanta in Belloni: la sua sensibilità di poeta, il suo senso acuto del colore (i grigi, i blu sono inimitabili) e, perché nasconderlo, il suo amore appassionato per Parigi che gli fa dipingere quadri meravigliosi”. E ancora: “Se incontrerete per caso questo grande ragazzo al cavalletto, egli non vi vedrà, ma non mancate di guardarlo dipingere. Trascorrerete forse delle giornate nello stesso posto, davanti alla medesima tela, ma non lo rimpiangerete”.
E’ il 1950, ed inizia da lì la sua fortunata carriera. Nel 1952 espone ad una personale alla galleria Gussoni di Milano con quaranta opere (vi esporrà ogni anno dal 1952 al 1956). Nel 1953 partecipa a Piacenza ad una collettiva a Palazzo Gotico, vincendo il primo premio.Nel frattempo gli incontri con personaggi di spicco come Paul Fort e Roland Dorgelès, che ne tessono le lodi, segnano una tappa importante nella sua carriera di artista.La vigilia di Natale del 1966 la Galleria Ricci-Oddi lo premia come “Piacentino Benemerito” insieme a mons. Casaroli. Nel 1961 un suo quadro entra nel Museo di Dreux; nel 1963 nel museo Carnevalet a Parigi e nella Galleria d’arte moderna a Venezia. Sergio Belloni è l'unico pittore che in vita potè vantarsi di avere esposto in tutti i musei di Parigi. Prestigiose sono state infatti le sue mostre antologiche: nel 1973 al Museo Galliera di Parigi, nel 1976 al Palais de la Méditerannée a Nizza, nel 1982 al Museo del Luxembourg a Parigi, nel 1986 al Museo Carnevalet ed infine nel 1999 la grande mostra all’Hotel de la Monnaie. Serge, non più Sergio dopo una vita trascorsa sulla Senna, conosceva Jacques Chirac fin dai tempi in cui questi era sindaco di Parigi; la moglie restò folgorata dalla sua pittura e organizzò una mostra nel prestigioso Château de Sédières, nella regione del Corrèze, che fu inaugurata da Chirac stesso.
La sua vita è stata un susseguirsi di successi, i suoi quadri hanno raggiunto ottime quotazioni e mostre sono state organizzate un po’ in tutto il mondo, dagli Stati Uniti al Giappone. Lui, che aveva vissuto i suoi primi anni in povere stanze ammobiliate, era fiero dello splendido appartamento nell’incantevole Place des Vosges in cui viveva, e dello studio nell’Ile St. Louis, conquistati con anni di sacrifici e di strenuo lavoro.
Nel 1992 la morte della madre, a cui era molto legato, fu per lui un momento di grave crisi; alcuni anni più tardi fu colpito da una grave malattia, che lo prostrò sia fisicamente che moralmente. Il corpo guarì, ma il declino mentale procedette lento ed inesorabile. Ripeteva spesso che la vita per lui non aveva senso senza la sua arte, e che avrebbe preferito la morte al non poter dipingere più. La morte lo colse dopo anni di sofferenze a Mentone il 28 ottobre del 2005.

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